venerdì 20 maggio 2011

A Road in the Waste Land


Su "The Road" di Cormac McCarthy

Senza alcuna pretesa di fare concorrenza al mio carissimo amico Giacomo che a questo libro ha dedicato ben più impegno, tempo e attenzione di me, ci tenevo anch'io a scrivere due righe riguardo a questo splendido, duro e vero testo.

Una qualche catastrofe ha distrutto il mondo. Tutto è grigio, tutto è cenere. Non c'è più niente di vivo tranne il genere umano, anch'esso decimato. Perchè solo gli uomini sono sopravvissuti? Non si sa. In realtà non ha neanche importanza.
Il mondo è stato tutto bruciato, alcuni direbbero "purificato", da cima a fondo, non una pianta verde, non uno sprazzo di cielo azzurro, non una civiltà che abbia resistito al fuoco, persino il mare è grigio e morto.
Ma perchè mai un autore può voler descrivere un tale mondo? Quale può essere il suo interesse?
L'interesse di McCarthy è certamente quello di descrivere l'essenza dell'uomo, o meglio, cosa rende un sacco di carne un uomo, e quindi non c'è miglior modo per testare la vitalitàdi un uomo che porlo in ogni istante davanti alla morte. Essa non lascia scampo a compromessi o a mezze misure, o una cosa è bianca o nera, non ci sono vie di scampo. Ciascuno deve dare una risposta netta, non a parole ma a fatti: vale la pena vivere? E per cosa?
C'è chi dice di no, come la moglie dell'uomo e madre del bambino. Tutta quella sofferenza è troppa se l'unico risultato è una vita sempre in cerca di cibo, sempre in fuga da qualcuno, nel tentativo di raggiungere una meta impossibile e ideale, forse nemmeno reale.
C'è poi chi sopravvive usando la violenza. Rubando il poco cibo che c'è. Uccidendo e mangiando gli unici animali che possono ancora essere macellati,  anche se sono esseri umani, donne, bambini, neonati.
Ma c'è  pure chi porta il fuoco. Mi colpisce come proprio la cosa che ha distrutto il mondo sia l'unica per cui esso valga la pena di essere affrontato. E' una idea che sostiene l'uomo, il protagonista, l'idea di poter almeno sacrificare ("fare-sacro") la sua vita per il bambino. Che almeno lui possa vivere.
Non pretendo certo di riuscire a spiegare ogni cosa; i contenuti sono ben più profondi di quel poco che sono riuscito a dire, ma, in sintesi, questo è un libro che val la pena di essere letto perchè è vero. E' triste ma non è disperato. Sembra impossibile andare avanti ma non sai mai cosa potresti incontrare dietro la prossima curva. Magari finalmente qualcosa di buono.

Inoltre T.S.Eliot paragonava in una delle sue principali opere (prima della sua conversione), "The Waste Land", il mondo a qualcosa di arido e desolato, e in effetti a chi non è mai capitato di provare un senso di aridità di fronte alle cose? Un senso come di impotenza di fronte agli impegni di ogni giorno come davanti ad una cosa morta che non può resuscitare?
Ma McCarthy ci indica una via, quella della perseveranza. Vince chi non molla, chi cerca l'acqua e il cibo in ogni casa che spunta all'orizzonte (anche se potrebbe non essere disabitata e sicura come sembra), perchè lasciarsi semplicemente morire sarebbe negare che nella vita un senso ci può essere. "Never quit!" dice un mio amico, non smettere mai di tentare e raggiungerai l'obbiettivo. Forse il mare non sarà più azzurro come una volta o il Sud caldo come speravi, ma la Strada ci riserva sempre sorprese inaspettate.

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